martedì 8 marzo 2016

8 MARZO FESTA DELLA DONNA - DONNE DI POTERE, DI FEDE E DI CULTURA NEL MEDIOEVO TREVIGIANO

Premetto che non sono una specialista del settore, ma una persona curiosa, che si pone delle domande e cerca delle risposte, nei limiti delle sue possibilità e conoscenze. Mi ha sempre incuriosito e a volte infastidito, il modo in cui ci riferisce alla situazione delle donne nel medioevo. Anche al giorno d'oggi, qualsiasi evento, o accadimento in cui la donna viene tenuta in una situazione di inferiorità o di sottomissione, si cita sempre, in modo negativo, il medioevo. Ma fu veramente così? O fu solamente così? Eppure vi sono state numerose donne di potere in quell'età di mezzo, lunga vari secoli: Teodolinda, regina longobarda, oppure Trotula, che visse nella seconda metà del XI secolo, e che fu la prima donna medico presso la Scuola salernitana. E come non ricordare Matilde di Canossa o Eleonora d'Aquitania!
Pensando alla storia della mia terra, la Marca Trevigiana, mi accorgo che vi furono delle forti personalità femminili: Sofia da Colfosco, Soprana e Gaia da Camino.
A loro vorrei dedicare queste mie brevi note.
Abbazia di Follina

La prima, in ordine cronologico, è SOFIA DA COLFOSCO. Nacque fra il 1115 e il 1140 da Valfredo Conte di Colfosco e Adeleita figlia di Adalfredo conte di Zumelle. Per alcuni storici la madre era invece figlia di Ermanno Conte di Ceneda e di Zumelle. Discende quindi da un'antica famiglia di alto lignaggio e di origine longobarda, come lo erano anche le altre famiglie feudali del territorio del trevigiano: i Conti di Treviso poi Collalto, e di Da Montanara, che successivamente presero il nome di Da Camino. Sofia fu donna forte e decisa; dimostra di saper affrontare con energia e idee chiare i doveri derivanti dalla sua posizione sociale e dalla concentrazione di poteri che pervengono nelle sue mani. Figlia unica e unica erede sia da parte di padre che da da parte di madre andò sposa a Gueccello Da Camino nel 1154, unendo in questo modo feudi, beni e diritti comitali di queste famiglie. Sofia contribuì in modo determinante al consolidarsi, nei cruciali anni iniziali della sua storia, della potenza caminese. Nel 1155 un marchese Folco concesse alla Contessa Sofia ed a Guecellone da Camino l'investitura del Castello di Pieve di Cadore, mentre uno Scaffardo e un Collomano diedero loro altri beni in quel comitato; il tutto tramite l'intervento del potente Patriarca di Aquileia. Nel 1162 la mare Contessa Adeleita e il Conte Guido, forse suo secondo marito e forse anche padre di Gueccello – a seguito di un'abile e spregiudicata politica matrimoniale – investiranno i due giovani coniugi dei comitati di Ceneda, Belluno, e Cadore
Il segno della sua presenza è chiaramente individuabile sia nella differenza di rango fra lei e il marito (sempre citati come Gueccello/Weçelo e comitissa Sofia), sia nella differente linea politica da lei seguita, essenzialmente guelfa, rispetto a quella “imperiale” del marito. Egli fu sempre al fianco del Barbarossa, anche quando questi si recò a Venezia, ad incontrare e trattare il termine delle ostilità con Papa Alessandro III. Sofia, invece, si schierò contro il Barbarossa, aderì alla Lega Lombrda ed armò sessanta armati che portarono aiuto ai difensori del Castello di San Cassiano, nei pressi di Ancona; i cronisti narrarono che Sofia stessa combattè valorosamente nelle battaglie di Cassano (1160) e Bolchignano (1161). Sofia è altresì ricordata per la sua religiosità e pietà. Fu lei volere i monaci cistercensi a Follina ai quali donò, nel 1170, chiese, cappelle e relative pertinenze: grazie a ciò e al durevole legame con la famiglia Da Camino, nei secoli successivi, il monastero cistercense follinese divenne il più influente e ricco in tutte le Tre Venezie, con beni e proprietà lungo il Piave, in Cadore e ancora più a nord, nel Comelico.

Iscrizione della pietra tombale a ricordo di Sofia
 Sofia morì nel 1175, fu sepolta nella cappella gentilizia dell'abbazia di Follina. Il testamento lasciò eredi universali il marito ed il figlio Gabriele, ad eccezione dei castelli di Serravalle (Vittorio veneto) e di Zumelle, che lasciò al Vescovo di Ceneda e a quello di Belluno rispettivamente. Ne scaturì una lunga contesa, che portò anche a guerre e scontri armati, in particolare per il castello di Zumelle, e alla morte del vescovo bellunese. Anche da morta, Sofia ha fatto la storia.


SOPRANA nacque negli anni 1230-1240 e fu sorella del più famoso Gherardo III signore di Treviso e padre di Gaia. Sposò Ugone di Towres (Tures). Rimasta presto vedova e senza figli, e ottenuta la restituzione della sua dote personale, rientrò presso la sua famiglia, a Serravalle (attuale Vittorio Veneto). Scelse di abitare in una piccola casa, situata probabilmente sull'isola del fiume Meschio, di fronte al monastero di Santa Giustina, poco distante dal castello di famiglia. Nel monastero Soprana avviò così la costituzione di quella comunità monastica, aderente alla regola agostiniana, di cui essa fece parte divenendone badessa. In questo ruolo Soprana dimostrò di avere temperamento e iniziativa imprenditoriale e grazie a lei, il monastero ampliò notevolmente le sue proprietà.


Chiesa di Santa Giustina a Serravalle
La terza figura femminile caminese è GAIA. Figlia di Gherardo III e di Chiara della Torre, nacque probabilemte a Treviso verso il 1270. Visse felicemente la sua giovinezza accanto al padre e ai fratelli maggiori Rizzardo e Gueccello nella Treviso del Castel d'Amore e della poesia provenzale, mèta di trovatori e poeti, come Ferrarino da Ferrara, che fu, forse, il suo maestro. Il nome di Gaia, come quello del padre, il “buon Gherardo”, potente signore di Treviso, è legato a Dante. Nel Purgatorio, Canto XVI, Dante afferma di non conoscere Gherardo e Marco Lombardo risponde: “per altro soprannome io nol conosco / s'io nol togliessi da sua figlia Gaia”. Gaia, quindi, famosa in tutta la penisola italica, quasi più celebre del padre.
Essa è stata considerata, dai suoi primi biografi, fra le prime poetesse in provenzale, una troubairiz quindi, e se alcuni storici antichi ne parlano male, come di una donna discinta e immorale, è perchè si era perso il vero significato delle “dilettazioni amorose” di cui era esperta: non l'amore carnale ma la fin'amor della poesia cortese. 


Sigillo di Gaia
Ma fu anche donna di potere. Prima del 1291 sposò Tolberto del ramo dei Caminesi di Sotto, il quale acquisì nei primissimi anni del XIV, l'attuale Portobuffolé. Nel 1302 fu nominata erede universale da una certa Frixa, nobildonna di origine trevigiana; ne fu anche curatrice testanetaria per quanto riguarda i lasciti da gestire e spendere in elemosine e opere di carità. Ma ancor più indicative del temperamento e della nobiltà di Gaia, sono le parole del Doge Gradenigo, in una sua lettera del 28 luglio 1309, parole con le quali si rivolse direttamente a lei: “abbiamo inteso che alcuni malfattori... s'erano apparecchiati ad entrare nelle ville e ne' luoghi cìdi città nuova per depredare, ma che vi deste pensiero di sventare l'atteggiamenteo.... noi vi rendiamo vivissime grazie, giacché voi compiste un'opera degna della fiducia che noi abbiamo in voi...” Fu quindi una donna libera di agire, di inviare truppe a far fronte a masnade e malfattori, benchè il marito avesse fama di uomo d'arme, e non è poco!
Morì nel 1331 e l'ultimo atto è il suo testamento, rogato a Portobuffolè. Doveva essere un personaggio forte e carismatico, tanto che il marito, benchè sposatosi nuovamente con Samaritana Malatesta di Rimini, rimase sempre a lei legato e quando fu la sua ora, volle essere sepolto accanto alla sua amata Gaia.

Portobuffolè

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